2)Tu non sai nulla di me

2826 Words
Afferro la maniglia e spalanco rapidamente la porta, ma sobbalzo quando sento un gemito dietro di essa: aggrotto la fronte e faccio per scusarmi, ma vengo interrotta quando noto di aver colpito il coglione con il pitone... a casa. «Ma porca puttana!»-raddrizza la schiena, mentre continua a mantenere gli occhi chiusi e una mano sul naso. Faccio una smorfia di disapprovazione per il suo linguaggio scurrile, ma poi mi rendo conto di sparare parolacce dalla mattina alla sera: socchiude gli occhi per minacciarmi con uno sguardo severo, ma non muovo un ciglio e lo guardo compiaciuta dal basso, appoggiandomi allo stipite della porta e incrociando le braccia. Mi punta con l'indice, e nel farlo l'inchiostro che avvolge il suo braccio destro cattura la mia attenzione, quindi ripercorro velocemente i tatuaggi che si concatenano, incuriosita da alcuni in particolare. Prima di iniziare a urlarmi contro, Hulk si avvicina e gli tira una pacca sulla spalla, ridendo: «Ti presento Charlotte!»-continua a mostrare i denti, mentre mi indica con il mento. Non ho mai sopportato Taylor, ma forse lui è l'unico che non si droga tra tutti quelli che conosco e che lavorano in questo posto. «Chi siamo già conosciuti.»-ho il coraggio di piegare le labbra in un sorriso, ma il sorriso mi muore sulle labbra quando l'uomo di fronte a me avanza con la stessa espressione di The Giant Prisoner, e dopo due secondi lo trovo a un centimetro dai miei occhi, talmente vicino che sciolgo le braccia lungo i fianchi e allargo le pupille, mentre il suo sospiro caldo riempie le mie narici. I suoi occhi scuri sono assai illeggibili, mentre le sue parole sono fredde: «Io ti conosco...ma tu non sai nulla di me.»-scandisce ogni parola per smentire quello che ho appena detto , e per un momento smetto di respirare, ma subito dopo mi riprendo e alzo un sopracciglio: si vanta di avere le mie informazioni private, dato che si trova nella posizione del mio datore di lavoro. «Non mi serve una cartella per conoscerti.»-cerco di essere il più ferma e sicura possibile con le mie parole, mentre lui si limita a fissare ogni centimetro del mio viso: «Sei Matthew Gray...»-continuo, ricordando la scritta sulla sua cattedra:«... e hai ventisette anni.»-questa volta abbandona la smorfia e assume un cipiglio. William si è sempre vantato di avere un figlio del '92, come risultato dell'amore nei confronti di una donna misteriosa e in carne, come piaceva a lui. «Non hai nemmeno frequentato l'università, ma ti sei pagato la laurea... scopando la direttrice.»-suo padre ritorna ad essermi d'aiuto, mentre inizia a spalancare gli occhi. «Sei stato sposato in passato...»-guardo l'anello tatuato intorno al suo dito, ma, non appena si accorge del mio sguardo, stringe la mano in un pugno. «... ma ti ha tradito, quindi ora ti sfoghi facendo sesso nel tuo ufficio.»-ricordo il primo momento in cui l'ho incontrato e cerco di evitare una smorfia di disgusto, mentre trovo il coraggio di mantenere il contatto visivo con lui. Fa per parlare, ma Taylor poggia una mano sulla sua spalla, incitandolo ad allontanarsi dal mio corpo minuto. Corruga di nuovo la fronte, evitando l'uomo alle sue spalle, e sembra voler formulare una frase, ma poi passa una mano tra i capelli senza smettere di guardarmi dall'alto: «Non ridere.»-mi minaccia spudoratamente, come se il mio sorriso gli facesse schifo, ma le sue parole non fanno altro che incoraggiarmi a mostrare i denti più di prima. Avanza ancora, quindi faccio un passo indietro, ma tutto ciò che fa è sorpassarmi e lasciarmi perplessa davanti a Taylor: «Ti fai sempre notare, Charlie!»-mi guarda con orgoglio, mettendo palesemente in mostra la muscolatura dei bicipiti, per poi scompigliarmi i capelli. Afferro il suo polso, stringendo la parte interna, mentre lui fa una smorfia dolorosa: «Non chiamarmi Charlie.»-gli lancio un'occhiataccia. «Perdonami, chiedo perdono!»-dice con la voce strozzata, liberandosi il braccio dalla mia presa, per poi seguirmi mentre raggiungo la gigantesca palestra all'ingresso. «Senti... ehm.»-si schiarisce la voce, portando una mano dietro la nuca-«Charlotte, te lo dico da amico...»-inizia, ma lo interrompo con una voce monotona, mentre prendo posto su uno sgabello del bar della palestra: «Non siamo amici.» «Matthew è un uomo complicato, non ti conviene...»-mentre inizia a parlare al vento, dò un'occhiata in giro, beccando con gli occhi il mio ragazzo mentre flirta con una mora dalle tette rifatte e dai capezzoli bene in evidenza. Alzo gli occhi al cielo, non preoccupandomi minimamente del suo atteggiamento: è troppo poco intelligente per poter fare colpo. La prima volta che l'ho visto cercare di attirare l'attenzione di una donna è stato il giorno in cui ho deciso di mettermi insieme a lui: ho capito che è uno che non sa cosa sia una relazione seria e ho pensato che uno come lui non mi avrebbe mai chiesto una relazione seria. «Ma non è Hardin, quello?»-anche Taylor lo nota, ma alzo le spalle e alzo una mano per richiamare l'attenzione del cameriere. «Vi siete lasciati?»-insiste ancora, ma scuoto la testa e porto gli occhi sul giovane che mi sorride: «Il solito?»-chiede, quindi annuisco, mentre lui inizia a preparare il mio cocktail. Amo l'alcool e, se solo non facesse male, lo assumerei con le flebo. Mentre aspetto il mio nettare ritorno a guardarmi intorno per farmi gli affari degli altri, approfittando anche del fatto che Taylor decide di tenere la bocca chiusa. Ci sono strani soggetti in questo posto, strani come William, che fortunatamente ci ha lasciati, ma non tanto quanto quello stronzo che si crede figlio di Kurupi (*2). È così misterioso, ma allo stesso tempo... ferito, anche se non sembrerebbe per il modo in cui accarezza il braccio di una cliente nuova. Roteo di nuovo gli occhi alla solita scena a cui si assiste a Seattle: la donna finge di essere innocente per attirare l'attenzione dell'uomo che cerca di sedurla, quando in realtà sta guardando già tra le sue gambe per sparare ipotesi sulla lunghezza del suo genitale. L'uomo, invece, finge di essere attirato dalla sua dolcezza, nonostante sappia che lei non vede l'ora di gemere sotto le sue braccia. Seattle è un microcosmo dove tutto assume una connotazione diversa: il romanticismo è sinonimo di sesso selvaggio, mentre l'amore dura solo tra chi è capace di inventarsi una nuova posizione ogni volta che si ha una relazione intima. Tutti hanno così tanta esperienza che oramai basta rivolgere uno sguardo a uno sconosciuto per strada per capire che tipo di uomo è a letto. È così, infatti, che ho capito che il mio cosiddetto fidanzato sarebbe stato uno sfigato. In tanto tempo di relazione non mi ha mai spinta a a farlo con lui, e non si è nemmeno impegnato a invitarmi in una cena romantica, fortunatamente... Distolgo gli occhi dalla figura possente di Matthew per ritornare a guardare divertita il mio 'uomo', che cerca di mostrarsi tale, ma finisce per far cascare il liquido rosso sul petto della povera donna. «Due chili di silicone andati male.»-analizzo senza trattenere un sorriso, seguita da Taylor, che annuisce concordando. Ingerisco il liquido giallognolo e stringo gli occhi quando sento bruciore famigliare alla gola, per poi ritornare al mio ufficio senza mangiare nessuna delle schifezze dietetiche che propongono al bancone. Il mio micro-paradiso , in questa tana, è l'angolo delle macchinette in fondo alla sala d'ingresso, dove ogni mezz'ora faccio il rifornimento di patatine e barrette ad alto valore calorico, per poi mangiarle davanti ai miei clienti, mentre suggerisco loro di evitare i grassi e la cioccolata. Il pomeriggio, come mi aspettavo, è stato più impegnativo della mattinata ed è già buio quando finalmente posso respirare l'aria fresca e ripercorrere il tragitto per ritornare a casa, che ormai posso fare a occhi bendati. Prendo un forte respiro, mentre attraverso la strada due metri prima delle strisce pedonali e affretto il passo per non perdere il nuovo episodio di Station 19. Oggi, però, e non che sia una novità, la fortuna non vuole cagarmi di striscio e sono costretta ad aspettare l'arrivo dell'ascensore, anche se abito solo al terzo piano :odio camminare e sudare, soprattutto sudare, e non sopporto l'idea di arrivare davanti alla mia porta con il fiatone. Il rumore che segna l'apertura delle ante mi fa alzare gli occhi di scatto e premere le labbra tra di loro, contenta di non dover bestemmiare di nuovo contro una porta di metallo, mentre i miei vicini mi guardano esterrefatti. Entro con la testa alta, per poi premere sul numeretto che indica il mio piano e aspettare che l'ascensore parta, ma non appena le ante stanno sul punto di chiudersi, una mano blocca l'ingresso. Alzo gli occhi al cielo scocciata, mentre conto i secondi che perdo dall'inizio della nuova stagione. William fa il suo ingresso, mostrando il mento in segno di orgoglio, per poi assumere un'espressione sorpresa quando mi vede all'interno dell'ascensore: «Chi non muore si rivede!»-porta le dita rugose nella parte posteriore del mio capo, accarezzandomi i capelli come se fossi sua figlia. «Infatti ho sperato di non vederti più da stamattina.»-dico a bassa voce, lanciando un'occhiata veloce alle buste della spesa che sorregge con difficoltà: ride, inclinando la testa, come per dire 'mi aspettavo una risposta del genere'. «Hai intenzione di ubriacarti per dimenticare di essere vecchio?»-porta gli occhi al soffitto, mentre continuo a contare le bottiglie di vino che si è comprato. «Mio figlio si è trasferito a Seattle.»-spiega con un mezzo sorriso, quasi prendendo in considerazione la mia proposta. «Il ...nuovo capo?»-ingoio la saliva con difficoltà, avendo la conferma di ciò che temevo: Matthew è davvero un tipo con il quale vorrei evitare qualsiasi contatto, a prescindere da quanto posso apparire stronza e capace di tenergli testa. «Sì, non mi dire che vi siete già scontrati. Non è di buona compagnia, hai notato?»-dice, guardandomi seriamente, ed è la seconda persona che me lo dice oggi. Nell'esatto momento in cui le porte dell'ascensore si spalancano mi sfugge un: «Per ora ho notato solo che è un puttaniere.»-ma mi blocco ai miei passi quando vedo il figlio di William poggiato al muro, quasi attendendo l'ascensore con le braccia incrociate. Alza un sopracciglio, ma lo evito, e faccio di tutto pur di mantenere la mia espressione severa e non arrossire, per poi avviarmi verso l'entrata del mio appartamento sotto il suo sguardo insistente: «Ci si rivede!»-William ride alle mie spalle, ma non rispondo al suo saluto e apro la porta del mio appartamento non molto lontano dai due, mentre la voce di Matthew è l'ultima che sento: «La conosci?»-posso immaginare il suo cipiglio, mentre mi chiedo cosa lo rende così stronzo e sexy allo stesso tempo. Non ha niente che non abbiano gli altri uomini che lavorano nella sua palestra, solo qualche chiletto di muscoli in più, inchiostro nero dalla testa ai piedi e due occhi così scuri e... spaventosi. Quando stamane l'ho beccato con la rossa che lo scavalcava ho subito pensato che fosse uno dei soliti cascamorti senza cervello, uno di quelli che subito dopo mi avrebbe fatto la corte, guardato le tette e il fondoschiena, per farci qualche commento squallido. Ma lui non ha fatto altro che insultarmi o minacciarmi finora, il che non fa altro ad aumentare il mio disagio solo al pensiero di trovarmi un'altra volta di fronte a lui. E c'è solo una persona che mi fa provare la stessa sensazione e che sono costretta e evitare ogni volta che apro la porta del mio appartamento. Scuoto la testa per cancellare questi pensieri assurdi, mentre mi decido a sbattere la porta alle spalle e buttarmi sul divano. Non appena lo faccio sento la mia coscia vibrare, segno dell'arrivo di una nuova chiamata. Leggendo il nome della mia migliore amica non ci penso due volte prima di rispondere: «Che vuoi?»-chiedo acida, aspettando la solita risposta che mi fa scoppiare a ridere. «Sposarmi con Ash Stymest (*3), vincere la lotteria e diventare miliardaria, spendere tutti i miei soldi con i trucchi di Tayra e con l'ultima collezione di Karl Lagerfeld (*4), tradire Ash con Boyka, divorziare, vivere in solitudine in una casa con trentacinque gatti...»-prende un forte respiro, mentre alzo gli angoli della bocca verso l'alto, per poi concludere-«...e voglio la pace nel mondo.»-scoppio a ridere, mostrando i denti per la prima volta dopo una monotona giornata come quella di oggi. «Non sei venuta, oggi.»-analizzo dopo un po' di silenzio. «Ho avuto un appuntamento.»-dice con una serenità che mi costringe a sbarrare gli occhi: «Sei troppo seria, quindi non ci credo.»-le confesso: l'ultima volta che è uscita con un uomo mi ha assillata, raccontandomi ogni dettaglio della serata, come se davvero fossi interessata ad ascoltarla. Infondo, con un corpo che potrebbe fare invidia a Tila Tequila (*5), e con due biglie azzurre che si trova al posto degli occhi, può certamente permettersi di avere molti spasimanti. «Infatti, ora mi senti! Vieni ad aprire la porta.»-chiude il telefono, mentre spalanco gli occhi per lo stupore, anche se non è la prima volta che la trovo fuori dal mio appartamento senza che mi avvisi prima. Mi affretto ad aprirle la porta, nonostante avrei avuto davvero bisogno di passare il tempo in solitudine, perdendomi tra i pensieri come al solito. Sono assai entusiasta del suo arrivo, ma solo perché non viene mai senza la solita pizza in mano. Non appena spalanco la porta i miei occhi si illuminano davanti a lei: «Mi sei mancata...»-fingo di commuovermi, rivolgendomi alla diavola impacchettata, che le prendo di mano, per poi voltarle le spalle. «Grazie.»-mi ricordo di esprimere la mia gratitudine. «Se non l'avessi portata non mi avresti lasciata entrare.»-sussurra con un'espressione pensierosa, molto probabilmente ricordando il primo giorno che ci siamo incontrate a casa mia: In questa casa c'è una sola regola! Presentarsi con una schifezza che contenga una percentuale di grasso pari al 99,9%, altrimenti ti sbatto la porta in faccia. «Ho già perso metà episodio!»-sbuffo, mentre accendo la televisione e mi accorgo di avere ragione. La mia amica mi raggiunge con un cipiglio, ma poi mi sorpassa ed entra direttamente in cucina per prepararsi la solita insalata ipocalorica. «Com'è stato?»-alzo la voce per farmi sentire, ancora scossa dal fatto che non ha iniziato a parlarmi della sua nuova conquista: «Chi?»-ritorna a farmi compagnia, mentre io inizio ad addentare il ben di Dio, che mantengo poggiato sulle gambe incrociate. «Lui.»-dico, alzando gli occhi al cielo. «Era una lei.»-sussurra, chiudendo gli occhi, mentre giro la testa di scatto verso la sua figura. «Sei lesbica?»-alzo un sopracciglio, pronta a fare i salti di gioia, per quanto ho voluto avere un amico gay dall'infanzia. Alza le spalle e capisco che è talmente confusa da non avere nulla da dire: «È una bomba a letto...» Sentirle raccontare i dettagli della sua relazione intima con un'altra donna non mi dà fastidio, anzi, mi fa scoppiare a ridere, ma ciò non la smuove minimamente e continua a rompermi le scatole fino a quando non sento gli occhi appesantirsi. «Tu, invece? Quando ti lascerai sverginare da Hardin?»-scatto la testa verso di lei e raddrizzo la schiena, improvvisamente sveglia. «Non sono vergine.»-dico, alzando il mento per apparire il più ferma possibile, e sembra cascarci quando annuisce, mentre porta gli occhi al soffitto. «Chi lo è a Seattle dai quindici anni in su?»-si butta indietro sul divano, il che mi porta a fare lo stesso dalla parte opposta. «Ehm, salendo ...»-schiarisce la voce, interrompendosi, per poi riprendere a parlare insicura:«... ho visto Paul che controllava l'ingresso. Al solo suono del suo nome mi viene la pelle d'oca e le parole fanno fatica a uscire, anche se cerco di apparire il più sicura possibile, alzando le spalle: «E allora?» «Stai attenta.»-a prescindere dal tono della mia voce, si preoccupa di me ogni volta che mette piedi in questo appartamento. «Hai mai pensato di fare karate?»-alzo gli occhi al cielo alle sue parole: «Sono al sicuro, Tessa.»-concludo il discorso e le faccio capire che non mi piace l'argomento. «Domani Taylor organizza una festa alla sua casa in periferia. Vieni?»- dopo attimi di silenzio, la mia amica decide finalmente di fare finta di nulla. «Non me ne ha parlato.»-cerco di ricordare se Hulk mi abbia parlato di una festa mentre ero troppo presa dai miei pensieri. «Perchè non esci mai, Charlie!»-urla, come se volesse darmi svegliare da un lungo periodo di sonno. «Non chiamarmi Charlie.»-inizio, riprendendola, non per la prima volta:«L'alternativa sarebbe passare la serata in compagnia di Hardin, quindi vengo.» «Grandi progressi.»-valuta ironica, ma evito la sua risata per fissare i lembi della mia felpa. «Potresti cambiare colore ogni tanto. Il nero è così triste.»-caccia la lingua in una smorfia di disgusto, ma ribatto immediatamente: «Non sono tutta vestita di nero!»-esclamo con una voce acuta, ma in risposta alza un sopracciglio: «Le mutande sono bianche.»-mi difendo, facendola ridere di gusto. «Indossi le mutande?»-continua a tenersi la pancia con una mano, mentre ritorna in posizione seduta e si piega in avanti. Mi limito ad alzare gli occhi al cielo, per poi chiudere le palpebre per tentare di addormentarmi tra le risate di Tessa.
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