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A casa
2018
La casa che Diego amava era avvolta nella calma del crepuscolo.
Un cielo giallo arancio la sovrastava e alberi possenti le facevano ombra. Il giardino disordinato diceva che nulla era cambiato nei mesi di lontananza.
Diego pagò il taxi, scaricò la valigia e il violino.
Non si faceva mai accompagnare fin dentro il cortile, perché gli piaceva sorprenderli.
Mentre percorreva il vialetto pieno di buche, pensava ai battibecchi tra Maddalena e Giovanni per stabilire a chi spettasse chiuderle. Il sorriso del “ritorno a casa” cominciava a piegargli le labbra.
Finalmente udì le voci. Le finestre erano aperte, erano a tavola.
Parlavano tutti insieme. Erano in quattro, ma il pollaio che riuscivano a combinare assomigliava a un'orchestra diretta da un ubriaco.
Sorrise di più. Dalla testa ai piedi, dall'anima al corpo, come ogni volta che tornava.
Lasciò la valigia in mezzo al sentiero perché cominciava a fare troppo rumore, mise la custodia del violino sotto il braccio e affrettò il passo.
Ecco, le voci cominciavano a districarsi le une dalle altre, su tutte spiccava quella bassa e profonda di Giovanni, che quasi si confondeva con il timbro di Riccardo. Sotto c'era quella pacata di Maddalena, che per tutta la sua vita cosciente gli aveva calmato il cuore, e infine Elena, la voce argentina, decisa, sempre un po' arrabbiata...
Si appoggiò a braccia conserte sul davanzale. A guardarli.
Elena si voltò di scatto, il solito radar in funzione!
Tutti ammutolirono e lui saltò dentro dalla finestra.
- Ciao - disse.
E bastò quello a farli ricominciare a parlare tutti insieme ad alzarsi e andargli addosso per abbracciarlo e baciarlo. Tutti, tranne Elena, che rimase seduta, muta come un pesce.
Diego scansò velocemente Giovanni e Riccardo per concentrarsi su Maddalena.
Anche se aveva passato la sessantina da un anno, Maddalena era comunque la visione più soave del mondo e Diego il mondo lo aveva girato in lungo e in largo, per cui parlava con cognizione di causa.
Le accarezzò i capelli e le baciò la fronte.
- Quanto mi sei mancata... - le sussurrò.
- Tu di più.
- Ehi, è mia moglie quella! - lo apostrofò Giovanni, ridendo.
- Era la mia mamma molto prima di essere tua moglie - gli rispose Diego, senza smettere di guardarla.
- Hai mangiato? - gli chiese Maddalena.
- Sono in giro da venti ore. Da qualche parte tra Tokyo e qui ho sicuramente mangiato.
Riccardo comunque aveva già apparecchiato il suo posto accanto a Elena.
Diego le si sedette accanto, le passò un braccio attorno alle spalle e se la tirò vicina per baciarle la tempia.
- Ciao, Pulce.
- Ciao - gli rispose lei, allontanandolo con una gomitata.
- Ahi! Hai dei chiodi nei gomiti? - domandò divertito.
- È un poliziotto adesso, deve essere più tosta dei maschi con cui lavora, se no la strapazzano come uno straccio per la polvere - spiegò Riccardo.
Diego deglutì. E poi sbiancò.
Com'è che sua sorella era diventata un poliziotto? Quando era partito per la tournée in Giappone, sei mesi prima, Elena stava studiando per diventare anatomopatologa. Avrebbe fatto le autopsie a gente morta, senza il rischio di beccarsi una pallottola o una coltellata.
- Sono negli operativi - disse lei.
- Da quando!? - ruggì Diego, piantandole gli occhi addosso.
- Tre mesi.
Quando era successo?
- Ho fatto un concorso, un anno fa - confessò Elena.
Aveva fatto un concorso.
Nessuno gliel'aveva detto.
Facile immaginare perché.
Diego guardò Maddalena e Giovanni, soprattutto Giovanni. Erano d'accordo, dal giorno in cui era venuta al mondo, che l'avrebbero preservata da ogni pericolo, male e sbucciatura di ginocchio... lui e Giovanni avevano anche deciso che non sarebbe uscita con un ragazzo prima dei quarantacinque anni, va be' Giovanni probabilmente su quello scherzava, ma non era un'idea malvagia considerata la quantità di stronzi che c'era in giro.
- Raccontaci del Giappone - suggerì Maddalena prima che il vulcano eruttasse.
Sì, meglio raccontare del Giappone.
Dopo cena Elena sparì in camera sua per uscirne mezz'ora dopo vestita da donna.
Non che prima fosse vestita da uomo, ma almeno era il solito maschiaccio in pantaloncini e maglietta, mentre in quel momento era un'inedita Elena in gonna nera e tacchi alti, truccata e pettinata, con gambe chilometriche, seno e tutto l'equipaggiamento base.
Nel vialetto c'era una macchina ferma a una spanna dalla valigia di Diego.
- Che ci fa una valigia in mezzo al viale? - sbraitò la voce del tizio che guidava quella macchina e che stava scendendo, appunto, per spostare la valigia.
- È tornato Diego - spiegò Elena andandogli incontro.
- Tuo fratello?
- Non è mio fratello.
Quella frase, ripetuta allo sfinimento, ormai non impressionava più nessuno.
- Vengo a salutare i tuoi - disse lui.
- Non ce n'è bisogno, andiamo - rispose lei, uscendo.
Elena salì in auto sbattendo la portiera un po' troppo forte.
- Parti - ordinò.
Il ragazzo sbuffò e mise in moto.
Diego, in piedi davanti alla finestra, vide la macchina allontanarsi mentre la sua valigia rimaneva sul vialetto come una scema.
Maddalena stava lavando i piatti e Giovanni li asciugava, un'altra delle cose che non cambiavano mai.
Una cosa però era cambiata (di nuovo, oltre tutto): Elena.
Elena aveva il vizietto di crescere.
Non c'era stato verso di fermare la cosa e Dio solo sapeva se Diego non ci avesse provato in tutti i modi! E per tanti anni.
E quando era stato chiaro che impedirle di crescere sarebbe stato impossibile, allora Diego aveva cominciato ad allontanarla. Una delle sue molteplici soluzioni geniali.
- È il ragazzo di Elena quello sfigato? - domandò con leggerezza, come se fosse possibile che Giovanni o Maddalena non cogliessero tutta l'apprensione, l'ansia e il patimento che da sempre contrassegnavano la sua relazione con Elena. Il fatto poi che infilasse un termine scurrile nella frase era il segno inequivocabile che il lord era in stand by e stava riemergendo il bambino che aveva vissuto per strada i suoi primi otto anni di vita.
- È un suo collega - disse Maddalena.
- Per ora - aggiunse Giovanni. Sibillino.
Diego avrebbe voluto spaccare qualcosa, ma si trattenne.
- E com'è che adesso va in giro a farsi sparare, invece di stare dietro il tavolo delle autopsie a sbudellare quelli a cui hanno già sparato?
Non avrebbe voluto usare un tono polemico (della serie: basta che mi giri un attimo...), ma gli era uscito così, completamente privo di controllo. Perché quei due non la tenevano d'occhio come uno si aspetterebbe da genitori normali (leggi iperprotettivi)? La risposta era semplice: perché Giovanni e Maddalena non erano iperprotettivi, cazzo!
- È un po' arrabbiata, ultimamente - provò a dire Maddalena.
- È un po' arrabbiata da dieci anni! - precisò Diego.
Cioè da quando, a diciassette anni, gli aveva confessato di essere innamorata di lui e Diego l'aveva spedita a Canossa dicendo che non voleva sentire una scemenza del genere da sua sorella .
Da quel momento non erano più stati Pulce e Remigio.
Remigio era il gatto randagio che, quando Elena era piccola, scroccava qualche pasto a casa loro.
- Vedi, io ero come Remigio - aveva spiegato una volta Diego a Elena, mentre lei cercava di acchiappare la bestiaccia per lavarla e civilizzarla un po'.
- Sporco e pieno di pulci? - gli aveva chiesto Elena.
- Sì.
- E non volevi che nessuno ti toccasse?
- Esatto.
- Perché?
- Perché mi vergognavo.
- E poi?
- Poi la tua mamma mi ha preso con sé. E mi ha lavato...
- E come ha fatto ad acchiapparti?
- Non vedevo l'ora che mi acchiappasse.
Erano chini vicino al muro della casa. Remigio li guardava, sospettoso, c'era una bella ciotola di avanzi di pesce vicino a quei due ragazzini, ma per prenderla bisognava avvicinarsi e il micio era molto, molto combattuto. Pesce o libertà? L'eterno dilemma...
- Perché Remigio non vuole che io lo acchiappi? - insistette Elena. Aveva cinque anni e non capiva perché qualcuno, soprattutto un gatto rossiccio tutto spelacchiato e pieno di pulci, non volesse essere lavato e civilizzato da lei.
- Forse gli piace essere un randagio.
- A te piaceva?
- Neanche un po'.
- Se lui non vuole essere il mio gatto, allora io sarò una delle sue pulci - decise Elena.
- E come farai?
- Diventerò piccolissima e mi infilerò nel suo pelo.
Semplice, no?
- Se avessi avuto una pulce carina come te, forse sarei rimasto un randagio anch'io - le sussurrò Diego nell'orecchio.
Lei allora gli salì a cavalcioni sulla schiena. Diego aveva quattordici anni ed era in quella fase in cui i maschi crescono una spanna a settimana, per cui tirarsi su con quindici chili di sorella sulle spalle era quasi come avere davvero una pulce addosso.
- Andiamo via, Pulce, lasciamolo mangiare in pace.
Lei lo baciò sul collo.
- Non vai più via, vero?
- Mai più.