Adolfo Biolè

1316 Words
Adolfo Biolè Malindi Una spiaggia bianca accecante, il mare cristallino stretto dalla barriera corallina, l’ombra delle palme, una ragazza meravigliosa al mio fianco... il sogno di una vita: “Dio c’è”... potrei andare anch’io in giro a tappezzare il mondo di questa semplice quanto fondamentale verità. Mi soffermo a pensare a quest’ultima incantevole settimana, ancora spossato da una intensa notte d’amore: ora so cosa vuol dire mal d’Africa, e non solo! Il fuoco acceso per tenere distanti le fiere in una savana, incubo del passato, che fa sentire il bisogno di stare vicini; la paura di essere soli e subito la gioia di trovarsi abbracciati a sognare, assenti per una notte e altre ancora, lontani da tutto e da tutte le angosce di un futuro che oggi non esiste. Esiste solo il presente. Ho finalmente capito cosa significa “vivere il momento”: sotto il cielo d’Africa tutto è possibile, anche trovare il coraggio di fare l’amore. E lei finalmente lo ha trovato! Ho ancora sulle mani il profumo della sua pelle sotto la zanzariera. Lei che mi carezza in modo audace, che si lascia andare completamente. La stringo a me teneramente e nell’orgasmo che ci unisce ho la certezza che non ci lasceremo mai: adesso siamo una cosa sola. Lei mi guarda in modo strano. Mi sollevo dal lettino dove ero sdraiato, a fantasticare. “Che c’è Amore... vuoi dirmi qualcosa?”. “Sì...”. Dopo una pausa il suo sguardo si indurisce. “Volevo dirti che... è finita”. È come se un jet passasse a bassa quota sopra di me in un tuono assordante. Il sogno si interrompe, la gola diventa secca, sento come il vuoto dentro di me, non capisco. “Come? Stai scherzando, poche ore fa abbiamo fatto l’amore per la prima volta, dopo sei mesi che ti corteggio... mi sono lasciato prendere come non ho mai fatto nella mia vita... non è possibile...”. “È finita” ripete. “Ma mi hai detto che non era un problema la mia età, i due matrimoni falliti alle spalle, i tre figli, un lavoro massacrante che mi aspetta...”. “Smettila, sei fuori strada” cerca di interrompermi, inutilmente. “Non sarò certo il massimo a cui può aspirare una trentenne come te, ma che certezza abbiamo del futuro, nessuno può ipotecarlo... e tu lo sai”. “Non è il futuro a cui devi pensare, ma al passato, e io non sono quella che credi e di cui ti sei innamorato...”. “Ma...” provo timidamente a intervenire... “Fammi finire. Tu ora sei debole, hai bisogno dell’Amore, comunque. Sei disponibile a qualsiasi compromesso, perché la solitudine ti fa paura. Ed è per questo che il gioco per me è stato facile”. “Il gioco... facile?”. Non capisco. La salivazione si è assolutamente azzerata. “Certo, lascia che ti spieghi: il mio lavoro in banca è una copertura, in realtà ho un’agenzia a cui si rivolgono donne deluse. Mogli, conviventi o fidanzate, non ha importanza: l’incarico che mi viene conferito è la distruzione del loro ex... io rappresento la loro Vendetta. Mi pagano profumatamente – comprese le trasferte, come questa – e ti confesso che a volte... mi diverto pure. Amore? Leggendo il tuo curriculum ho scoperto le tue bassezze, le tue difficoltà, insomma tu non hai mai avuto segreti per me. Se vuoi... proseguo”. Non ho la forza di parlare, sono completamente annientato. Mi sembra impossibile, ma sto cominciando a capire, anche se tutto il mio essere lo rifiuta. E lei continua. “Parliamo della tua prima moglie. È vero, dipendeva da te, e la cosa ti faceva sentire forte, indispensabile... alimentava il tuo narcisismo. Non ti raccontare che ti sentivi trascurato, eri tu che trascuravi lei, intento come eri a inseguire il tuo successo professionale. L’hai lasciata proprio quando aveva più bisogno: i vostri figli crescevano e il suo ruolo di madre cominciava a venire meno. Ti sei innamorato come un bambino di un’altra donna perché non riuscivi a sopportare il peso della vita che ti eri costruito e hai scaricato su di lei le tue responsabilità”. Tento inutilmente di fermarla balbettando un: “Non è vero, guarda che ti sbagli!”. Ma lei prosegue indifferente. “A quarant’anni è bello innamorarsi e ricominciare, vero? E tu, egoista, hai pensato a gratificare te stesso e basta. Poi è arrivata tua figlia e questo ti ha dato ancora nuove energie, ti sei ributtato a testa bassa per raggiungere i tuoi obiettivi e ancora il tuo narcisismo ha avuto il sopravvento. La tua seconda moglie non ha avuto alternative che innamorarsi di una persona meno complessa e meno impegnativa di te. Lo so che eri andato a Santiago di Compostela in pellegrinaggio e tornato diverso. Ma troppo tardi: l’essenza della vita che hai trovato non la potevi ormai dividere con tua moglie. Lei ti aveva già abbandonato”. “Quella stronza...” borbotto. “E no caro, sei stato tu lo stronzo, non lei. Quando ti sei degnato di trovare le parole e la disponibilità ai momenti di intimità che lei cercava disperatamente, lei non c’era più... sparita. Ora le tue due ex mogli mi hanno incaricato di farti capire cosa vuol dire amare e perdere l’amore: per questo sono pagata”. Ormai ascolto inerme quel fiume in piena tenendo la testa stretta tra le mani. “Una cosa ti voglio dire, una cosa che mette in discussione la mia professionalità: anch’io ho perso la testa per te, e questa notte, mentre ci stringevamo, non ho mentito. Durante questi sei mesi ho imparato a conoscerti: forse tutto quello che hai fatto nella tua vita lo hai fatto con il cuore e comunque hai sempre pagato di tasca... Ora devo però recuperare la mia indipendenza da te e tornare alla mia solitudine”. Tutto ora mi appare chiaro... la spiaggia di Malindi che rappresentava il sogno della mia vita si manifesta ora per quello che veramente è: un incubo, ma trovo la forza di parlare. “Ma allora mi hai mentito sin dal primo momento: quando hai accettato di diventare la mia ‘amica di cavallo’ e siamo andati in giro per i monti come dei ragazzini, quando siamo andati a correre la maratona e mi hai confidato i tuoi segreti più intimi, quando abbiamo passato giorni e giorni insieme a ridere e scherzare, sfiorandoci con lo sguardo e con le mani. Sei diventata uno strumento di morte, l’energia che mi veniva da te è ora come la scossa della sedia elettrica: mi hai sempre mentito, mi hai fatto innamorare di te, e ora...”. Prima di rispondermi il suo sguardo si intenerisce e riconosco in lei la donna di cui mi sono innamorato. “Non è vero, non mi sono presa gioco di te, ed è per questo che ti sto dicendo tutto. Essere la Vendicatrice in tutti gli altri casi mi ha dato gioia e potere, ho distrutto persone che lo meritavano, ma ora, con te, non sono più così sicura... Comunque tra noi è finita: ho tradito la tua fiducia e non ho speranze”. Vedo una lacrima che riga il suo volto ed è sincera, lo sento. La lascio proseguire. “A meno che tu non accetti la mia resa incondizionata e capisca che è meglio tradire all’inizio che alla fine. Per la prima volta forse potresti cominciare a vivere non in un sogno ma nella realtà. Io sono donna e come tale oggetto dei tuoi desideri, qualche volta anche consolatrice delle tue sofferenze, ma ho anche bisogno della tua forza e della tua presenza, anche imperfetta, insomma, essere una compagna. Così, con me o con un’altra donna, forse potrai ricominciare”. Guardo il mare davanti a me e le onde che si rifrangono leggere sui miei piedi. Le sue parole mi hanno colpito come macigni e capisco che ho sbagliato tutta la mia vita affettiva: ho impostato i miei rapporti sentimentali credendo e sperando che le mie donne mi accogliessero come un utero materno... impossibile. Questa è la verità a cui mi sono sempre sottratto: si nasce, si vive e si muore. Non si torna indietro. Il suono del telefono mi sveglia, interrompendo l’incubo. Guardo l’orologio, sono le 7.30. È lei, la sua voce roca e sensuale è inconfondibile. “Ciao poltrone” mi dice. “Io sto andando al lavoro, tu cosa ci fai ancora a letto? È possibile che mi sia legata a un fannullone come te?”. Abbraccio il cuscino sollevato, sospiro e mentre penso che forse questa volta ce la farò lei prosegue: “Volevo farti una sorpresa, ma non riesco a trattenermi: cancella i tuoi impegni, ho due biglietti per Malindi...”.
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